Nel segno di Figaro l’apertura della stagione autunnale al Teatro alla Scala |
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Sabato 28 Ottobre 2023 05:36 |
(Vittoria Licari) Sarà pure un caso, ma l’autunno scaligero 2023 si è aperto, nel doppio nome di Figaro, seguendo cronologicamente la datazione delle due opere in prosa che, prima di essere musicalmente immortalate da Gioachino Rossini e da Wolfgang Amadeus Mozart, avevano portato alla ribalta questo straordinario personaggio, facendolo poi assurgere a propugnatore dell’uguaglianza sociale nel periodo immediatamente precedente la Rivoluzione francese.
Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais aveva già raggiunto la fama con Le Barbier de Séville - scritto nel 1773 e “intonato” prima da Giovanni Paisiello nel 1782 e poi, appunto, da Rossini nel 1816 - ma ben altro clamore aveva suscitato, nel 1784, Le Mariage de Figaro, ridotto a libretto da Lorenzo da Ponte nel 1786 per la musica di Mozart. Nel volgere di poche settimane il pubblico milanese ha potuto oggi assistere alla trasformazione del Conte d’Almaviva da “amante incognito di Rosina” a marito infedele della stessa, e di Rosina da “fanciulla di sangue nobile” oggetto delle brame matrimoniali del suo tutore Bartolo a moglie tradita del Conte. Anche la condizione di Figaro cambia da una commedia all’altra: abbandonata l’incertezza economica della “libera professione” di barbiere per approdare al “posto fisso e sicuro” di cameriere del Conte e guardaportone del di lui castello, il nostro protagonista si trova a fronteggiare le trame del suo ingrato signore volte a mandarne a monte il matrimonio per portargli via la fidanzata Susanna, figura fra le più riuscite di donna che intende emanciparsi dalla sudditanza nei confronti del maschio, padrone o marito che sia. Rimane l’incontestabile superiorità di Figaro rispetto al Conte, che senza l’aiuto del barbiere non parrebbe in grado di conquistare Rosina, e che nella pièce successiva anche come libertino sembra tutt’altro che disinvolto. Il rossiniano Barbiere di Siviglia è stato ripreso nell’allestimento per la regia di Leo Muscato che, nel 2021, aveva sostituito dopo cinquantadue anni quello, celebratissimo e ormai storico, di Jean-Pierre Ponnelle. In scena, in buca, e dietro la scena si sono messi alla prova gli allievi – e alcuni ex-allievi ormai in carriera – dell’Accademia del Teatro alla Scala, che hanno avuto il privilegio e la fortuna di essere diretti da uno dei maggiori interpreti del repertorio italiano del primo ‘800, Evelino Pidò. Chi desidera davvero apprezzare la prassi esecutiva con cui vanno interpretate le opere di questo periodo – e, in particolare, di Rossini e Donizetti – lo ascolti attentamente e, in particolare, lo ascoltino i cantanti che intendono affrontare questo repertorio: ne trarranno grande giovamento, anche sul piano vocale. Risale invece al 1981 l’allestimento delle Nozze di Figaro con la regia di Giorgio Strehler – qui ripresa da Marina Bianchi - le scene di Ezio Frigerio e i costumi del Premio Oscar Franca Squarciapino. Dopo una edizione rivelatasi piuttosto infelice, nel 2016, firmata da Frederic Wake-Walker, dal 2021 è stato saggiamente deciso di tornare sulla strada vecchia che, a ben vedere, non è comunque mai esattamente la stessa perché, in oltre quarant’anni dalla sua prima rappresentazione, è chiaramente visibile l’evoluzione del gesto scenico nei cantanti, che sono sempre meglio preparati come veri cantanti-attori. Giganteggia in tal senso il superlativo Ildebrando D’Arcangelo (il Conte), che da decenni si distingue in tutto il mondo nel coniugare una preparazione vocale di altissima scuola e una presenza scenica da grandissimo attore.
E anche Luca Micheletti (Figaro), con la sua “doppia identità” di cantante lirico e attore di prosa – nonché, a sua volta, regista - non può che aderire perfettamente al sempre più raffinato canone drammatico che finalmente si va diffondendo nel mondo del melodramma. Per quanto concerne gli altri interpreti, raramente si è potuto ammirare un Cherubino così “giusto”, per caratteristiche vocali e fisiche, come quello di Svetlina Stoyanova, che insieme alla Contessa interpretata da Elsa Dreisig ha creato momenti di autentica emozione erotica attraverso uno scambio di gesti scenici e vocali delicatissimi, ma più che eloquenti. Benedetta Torre è stata una perfetta Susanna, la cui voce, più corposa di quella della Dreisig, ha conferito un interessante risvolto al rapporto psico-drammaturgico fra i rispettivi personaggi, laddove la Contessa, pur se più matura per età, lasciava trapelare il sottile languore di un’anima ferita, mentre, al contrario, la più giovane Susanna esprimeva tutta l’energia e la caparbietà che caratterizzano il personaggio.
Le nozze di Figaro è musicalmente e drammaturgicamente costruita in modo tale per cui ogni ruolo, anche il più breve, richiede la perfezione, ed effettivamente perfetti sono stati Rachel Frenkel (Marcellina), Andrea Concetti (Don Bartolo), Matteo Falcier (Don Basilio), Paolo Antonio Nievi (Don Curzio), Mariya Taniguchi, Lodovico Filippo Ravizza (Antonio) e le artiste del coro Silvia Spruzzola e Romina Tomasoni (le due contadine). Ottimo il debutto scaligero del direttore d’orchestra colombiano Andrés Orozco-Estrada. Orchestra e coro – diretto da Alberto Malazzi – nella loro forma migliore.
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