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MonzaOggi
Villa Mirabello Classica 2024: armonia tra suono e bellezza PDF Stampa E-mail
Domenica 03 Marzo 2024 12:54

(CS) Dopo il successo della scorsa estate con cinque concerti nello splendido chiostro di Villa Mirabello, a Milano, in via Villa Mirabello 6, torna da giovedì 7 marzo 2024 alle ore 20.30 la seconda edizione della rassegna musicale Villa Mirabello Classica 2024 - Armonia tra suono e bellezza. Con l’attenta direzione artistica di Alessio Bidoli, viene promossa una rassegna musicale di sempre maggior prestigio.

 

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Teatro alla Scala: Médée PDF Stampa E-mail
Martedì 13 Febbraio 2024 06:56
(Vittoria Lìcari) Al Museo Teatrale alla Scala è aperta fino al 30 aprile 2024 la mostra Fantasmagoria Callas, che celebra il centenario della nascita della leggendaria artista - caduto il 2 dicembre 2023 – attraverso alcuni allestimenti che ne rivisitano la figura da diversi punti d’osservazione.
I visitatori possono, fra l’altro, ammirarvi il magnifico costume disegnato per lei da Salvatore Fiume, che curò bozzetti e figurini per l’allestimento scaligero di Medea di Luigi Cherubini (Firenze, 14 settembre 1760 – Parigi, 15 marzo 1842) nella stagione 1953/1954. Nell’immaginario collettivo, la figura della maga còlchica è indissolubilmente legata alla Callas, che proprio interpretando questo personaggio il 3 giugno 1962 calcò per l’ultima volta la scena milanese.
Il capolavoro di Cherubini era stato rappresentato per la prima volta alla Scala nella stagione 1909/1910 con protagonista Ester Mazzoleni, della quale Giovanni Pozza, critico del Corriere della Sera, aveva lodato la prestazione nel suo insieme, osservando, però, che «[…] non poté dare alla sua voce tutta la violenza della passione di Medea, l’urlo dell’angoscia e della ferocia». Un giudizio ovviamente impossibile da verificare, anche se la grande cantante dalmata era nota per il suo temperamento drammatico. Tutt’altre recensioni quelle riservate alla Callas in occasione dei due allestimenti che la videro protagonista, a distanza di dieci anni l’uno dall’altro, con toni esaltanti in entrambe le occasioni. Ancora sul Corriere della Sera, il 12 dicembre 1961 Franco Abbiati scrisse: «[…] questa sua Medea è unica al mondo per la vibrante penetrazione psicologica del personaggio, per l’intimo ardore delle modellature esteriorizzate in modo stupendo […]». E, di nuovo, in occasione delle repliche del maggio successivo: «In forma splendida, forte di una personalità che trascende le pur eccelse doti di uno stile vocale drammaticamente intenso ed emotivamente impetuoso […]». Com’è noto, la Callas rivoluzionò le modalità interpretative dell’opera lirica. In possesso di una tecnica vocale di altissimo livello e di un senso del teatro di stampo autenticamente tragico, seppe piegare la propria voce – estesissima, ma non certo aderente ai comuni canoni estetici, soprattutto in rapporto all’epoca in cui operò – alle più diverse sfumature interpretative.
 
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Don Carlos al Teatro alla Scala PDF Stampa E-mail
Domenica 11 Febbraio 2024 18:21
(Vittoria Lìcari) L’opera più lunga di Giuseppe Verdi, la più problematica – sia per le numerose versioni, sia per la particolarità delle forme (o, per meglio dire, non forme) adottate dall’autore – ha inaugurato la stagione 2023/2024 del Teatro alla Scala. Scorrendo la cronologia del teatro milanese, scopriamo che vi venne rappresentata per la prima volta il 25 marzo 1868 nella versione in cinque atti in italiano – il libretto originale in francese di Joseph Méry e Camille du Locle era stato tradotto da Achille de Lauzières – con il balletto della prima parigina del 1867.
Il 10 gennaio 1884 Verdi stesso aveva curato la messa in scena della nuova versione in quattro atti – con la traduzione del libretto curata da Angelo Zanardini – che risulta la più rappresentata nelle successive stagioni, pur con qualche eccezione a favore della versione in cinque atti, ma senza balletto, che fu scelta da Arturo Toscanini nel 1926 e nel 1928, da Gabriele Santini nel 1960 e nel 1963, da Claudio Abbado nel 1977 e nel 1978 e, per ultimo, da Myung-Whun Chung nel 2017. Riccardo Chailly ha optato per la versione scaligera del 1884 di cui, stranamente, non esiste ancora l’edizione critica. La sua lettura è stata molto analitica, con grande attenzione alla cupezza della “tinta” generale e, nel contempo, ai momenti solistici degli strumenti che assumono valenza drammaturgica nell’introdurre e sottolineare le caratteristiche psicologiche dei personaggi, elemento che per Verdi era di vitale importanza, insieme all’intonazione della parola di cui, mediante la musica, esalta sia l’aspetto fonetico, sia quello semantico: non si dimentichi, infatti, che egli seguì con grande attenzione la traduzione dal francese. L’orchestra ha risposto magnificamente agli intenti interpretativi del direttore con assoli impeccabili dei fiati – ottoni in primis – sul pastoso e morbido fondale degli archi. Non uno, bensì quattro violoncelli introducevano la grande aria di Filippo, scelta giustificata da Chailly con l’assenza in partitura di indicazioni che lo vietino. Don Carlo è un’opera in cui il ruolo del coro è particolarmente interessante sin dall’inizio, quando ci introduce nei meandri più oscuri della vicenda, in quell’austero chiostro dove una cupa salmodia – inizio inusuale per un melodramma – evoca la presenza di Carlo V, il quale, pur se defunto, incombe sui suoi eredi fino a trasformarsi in una sorta di deus ex machina per lo scioglimento finale degli eventi. Sotto la guida di Alberto Malazzi il coro della Scala ha dimostrato, ancora una volta, di raggiungere livelli altissimi sul piano tecnico e drammaturgico.

 

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Trame di Luce: ultimi giorni PDF Stampa E-mail
Venerdì 05 Gennaio 2024 08:41
Trame Di Luce Posters MonzaChiude dopo domani la maestosa installazione nei giardini della Villa Reale di Monza. Un percorso suggestivo che ha attirato numerosi visitatori incantati dalla bellezza di forme e suoni. 
Percorso
La facciata della Villa Reale di Monza illuminata per dare risalto ai suoi elementi architettonici dà il benvenuto ai visitatori, che incontrano come prima attrazione di Trame di Luce La grotta delle lanterne, per un’immersione in un’ambientazione onirica e fiabesca ricreata dal fluttuare di circa 500 punti luce a diverse altezze e a terra.
Si prosegue per raggiungere Fuoco ancestrale, Fluxit di Paul Vendel e Sandra de Wolf, un ipnotizzante falò che evoca suggestioni ancestrali. L’utilizzo del video mapping insieme all’animazione 3D, dà vita, subito dopo, a Il Bosco magico, con la roccia della grotta degli orsi che regala una speciale proiezione rupestre in chiave contemporanea. La scena è dell’artista di Aftereal, Yaduhiro Chida, con un tappeto di luce che appare all’inizio della grande radura, in fondo alla quale si scorge, in alto, la Torretta Viscontea.
Segue Riflessioni di Simone Puzzolo, un paesaggio che induce al sogno puntellato da cilindri, sfere e semisfere, per muoversi tra questi “specchi” della natura e di noi stessi, per rifletterci e invitarci alla riflessione. L’installazione successiva è la Lanterna magica, con le arcate gotiche della loggia della Torretta Viscontea trasformate in luoghi narranti la straordinarietà della natura e il suo evolversi, in un racconto di immagini caleidoscopiche e 3d, retro-proiettato sulle superfici opaline che chiudono i tre elementi architettonici vocati in passato agli erbari e alle sementi. Giunti all’apice del percorso si esplora Carillon di Luci, un’installazione interattiva per un’esperienza di gioco attraverso lunghi fili di luce che cambiano colore e invitano alla danza, in omaggio alla location ospitante, per gli spettacoli e gli intrattenimenti che, nei secoli passati, erano soliti animare le serate nella Villa e nei Giardini.
 
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NUOVI APPUNTAMENTI CON L’ORCHESTRA CANOVA ALLA REGGIA DI MONZA PDF Stampa E-mail
Giovedì 04 Gennaio 2024 13:22

Inizia bene l'anno musicale in città

(Vittoria Lìcari) Domenica 7 gennaio, in occasione dell’ultimo giorno di apertura straordinaria per le festività natalizie, la Reggia di Monza ospiterà nuovamente l’Orchestra Canova diretta da Enrico Saverio Pagano per il suo terzo concerto “in residenza”, impegnata in un programma tutto barocco: Lully, Purcell, Rameau e Johann Sebastian Bach. Del grande compositore di Eisenach verrà eseguita la Suite in Si minore BWV 1067, in cui sarà solista al flauto Tommaso Maria Maggiolini.

 

Lo scorso 10 dicembre scorso orchestra e direttore si erano esibiti in un bellissimo programma dedicato al Mozart “milanese”, nel corso del quale erano stati eseguiti alcuni lavori che il giovanissimo salisburghese aveva composto fra il 1771 al 1773, mentre soggiornava in quella che era la capitale del Regno Lombardo–Veneto: le Sinfonie K 112 e K 214, le Sonate da Chiesa K 244 e 245, e i mottetti K 143 e K 156 - il celeberrimo Exultate, jubilate! - nei quali è stata magnifica solista il giovane soprano Barbara Massaro.

Prosegue così l’importante esperienza monzese di questo manipolo di giovani musicisti, che coniugano una perfezione tecnica degna di interpreti consumati con la freschezza e l’entusiasmo caratteristici della loro età. Un mix elettrizzante che, sapientemente collocato all’interno di un complesso museale frequentato da visitatori eterogenei e curiosi, può diventare centro di attrazione per un pubblico sempre più orientato verso la musica cosiddetta “colta”.

 
Imbarazzo della scelta al Teatro Parenti di Milano PDF Stampa E-mail
Giovedì 14 Dicembre 2023 06:41
(Vittoria Lìcari) Festeggia quest’anno i suoi cinquant’anni di attività il Teatro Franco Parenti (già Salone Pier Lombardo) che, nato in un momento di crisi dei teatri stabili per iniziativa appunto del grande attore e  regista insieme a Giovanni Testori, Dante Isella, Gian Maurizio Fercioni e Andrée Ruth Shammah - che ne è direttrice artistica dal 1989 – assurse ben presto a una posizione di grande rilevanza nel panorama teatrale milanese.
Disponendo di numerose sale, il Parenti è in grado di proporre diversi spettacoli in contemporanea, cosicché il suo cartellone è in senso assoluto il più ricco della città, potendo coniugare la quantità di titoli proposti a una qualità altissima.
Il 3 dicembre sono terminate le repliche dello spettacolo più importante della stagione in corso, Il misantropo di Molière, per la regia di André Ruth Shammah, che incontrò per la prima volta il grande drammaturgo francese proprio con questo testo, messo in scena da Franco Parenti nel 1977. Ne è stato protagonista Luca Micheletti, straordinaria figura di attore, regista, drammaturgo, nonché cantante lirico di altissimo valore, che ha anche collaborato alla traduzione di Valerio Magrelli, in versi settenari incrociati. Scelta felice quella della traduzione in rima, che rende l’ascolto piacevolissimo, accentuando la naturalezza del linguaggio, anziché contrastarla, come si sarebbe invece portati a pensare. Il testo fluisce senza alcuno sforzo ottimizzando la retorica verbale e gestuale, in quanto l’energia che la rima contiene – come afferma Magrelli – la sostituisce nella misura esatta voluta dall’autore, neutralizzando eventuali eccessi – sempre possibili -da parte degli interpreti, che qui erano – nei ruoli principali - Angelo Di Genio (Philinte), Marina Occhionero (Célimène), Maria Luisa Zaltron (Eliana), Filippo Lai (Clitandro), Vito Vicino (Lacasta), Emilia Scarpati Fanetti (Orsina), oltre al già citato Micheletti e alla partecipazione di Corrado d’Elia nelle vesti di Oronte. La scena, di Margherita Palli, raccoglie la felice intuizione di Andrée Ruth Shammah di ambientare lo spettacolo nella ricostruzione di uno degli ambienti del Parenti – la Sala Testori – che era stata sede delle prove. I costumi di Giovanna Buzzi circondano di colori pastello il protagonista, abbigliato di scuro a rappresentare il suo carattere.
 
A fine novembre è stato rappresentato Supernova - regia e drammaturgia di Mario De Masi - storia della generazione di una famiglia, dalla nascita alla sua disgregazione. Alla morte grottesca e improvvisa del padre, i tre figli si scoprono adulti loro malgrado. Differenti le reazioni: fuga, responsabilità, stallo. La madre, forza attraente e respingente allo stesso tempo e nucleo morente intorno al quale si continua a orbitare, plasma il carattere dei figli e ne determina i singoli percorsi. Poco prima della sua morte, questi percorsi si reintrecciano di fronte al disfacimento della famiglia e delle memorie a essa legate. Fuga e ritorno in una realtà che non muta, eternamente consegnata al vano tentativo di sfuggire al tempo: si scappa dalla morte per tornare alla morte. Originale e coinvolgente l’interpretazione che ne hanno dato Alessandro Gioia, Fiorenzo Madonna, Antonio Stoccuto, Lia Gusein-Zadé, della pluripremiata compagnia “I pesci” formatasi a Napoli nel 2014 e composta da artisti con formazioni ed esperienze diverse, ma con una visione in comune: lo sviluppo di una forma scenica, un codice teatrale, che abbia al centro di ogni sperimentazione l’attore/performer in tutte le sue possibilità, sia espressive che autoriali, nella creazione di drammaturgie originali, ma anche nell’incontro con i classici.
Fino al 13 dicembre sono in scena un capolavoro del Novecento teatrale italiano qual è Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello - con Milena Vukotic e Pino Micol, per la regia di Geppy Gleijeses – e In stato di grazia. Favola inchiesta ispirata a Pinocchio interpretata da otto bambini con e senza disabilità, frutto di un lavoro di gruppo guidato da due attrici, Lia Gallo e Laura Serena, e dalla regista Francesca Merli, tre professioniste che da anni si dedicano anche a contesti di fragilità e sviluppano progetti di teatro sociale. Le disabilità dei giovani attori coinvolti nel progetto sono diverse e all’apparenza inconciliabili tra loro: autismo, sindrome di down, ritardo cognitivo e disturbo ipercinetico. Al centro dello spettacolo la relazione tra Pinocchio e Geppetto e, più in generale, quella tra genitori e figli, in una narrazione al confine tra immaginario e reale che dà voce ai conflitti, alle paure, ai limiti con cui convivere, ma anche all’amore, al coraggio e ai traguardi raggiunti e da raggiungere. Protagonisti non sono soltanto i bambini, ma anche le madri e i padri: sul palco, infatti, i gesti vivi e le parole dei giovani interpreti si uniscono a frammenti video in cui a raccontarsi sono i genitori. Si tratta di storie di gravidanze difficili, nascite premature, adozioni, e di risposte a domande cruciali sui temi dell’inclusione, dell’autonomia, del futuro dei propri figli. Perché anche Pinocchio a un certo punto deve affrontare la paura nella pancia della balena, e trovare il modo e il coraggio di diventare grande. Lo spettacolo nasce dopo un anno di laboratorio gratuito iniziato a novembre 2021 e realizzato da Campo Teatrale, centro culturale attivo da più di vent’anni sul territorio milanese, con l’obiettivo di promuovere il dialogo e l’inclusione tra bambini abili e disabili. Reso inizialmente possibile grazie al contributo di Fondazione di Comunità Milano, è proseguito fino a oggi grazie a una campagna di crowdfunding realizzata in collaborazione con Produzioni dal Basso.
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